Liquirizia
Il nome scientifico è Glycerrhiza ed il principio attivo è la glicirrizina
Le qualità conosciute in Italia sono la Glabra e l’Echinata
Il Liquore di Liquirizia De Chelu è ottenuto con la qualità Glabra, originaria dell’Asia sudoccidentale e delle regioni mediterranee, prodotta in Calabria.
La liquirizia è una pianta erbacea spontanea perenne, cresce principalmente in terreni pianeggianti calcarei e/o argillosi nell’areale di ulivo e vite, spesso in prossimità del mare. Il suo arbusto si erge generalmente sino ad un metro. È definita infestante per la sua capacità di diffondersi. Ampiamente diffusa nell’area mediterranea in Italia, Grecia, Turchia, Spagna, Algeria, Marocco e Tunisia.
In Italia è diffusa in Calabria, Abruzzo, Molise, Puglia e Sardegna.
La base è legnosa, ha portamento cespuglioso, provvista di lunghi stoloni (rami), serpeggianti che si diffondono nel terreno o più spesso si interrano ed emettono radici dalle quali si originano nuove piante. La fioritura si ha in estate nei periodi Giugno-Luglio ed il fiore è di colore viola-azzurro pallido.
Dell’arbusto vengono usate le radici di piante di tre-quattro anni, raccolte da Ottobre a Marzo ed essiccate.
Nel periodo della raccolta della pianta sono presenti solo le radici interrate.
Per ottenere la purissima, utilizzata nel Liquore di Liquirizia De Chelu, le radici vengono ammollite, macinate ed estratto il succo con un getto di vapore a 160 °C. Durante i tre giorni di cottura il succo di liquirizia diventata un impasto denso e a contatto con l’ossigeno si ossida diventando di un color marrone scuro tendente al nero.
A cottura terminata la pasta che si ottiene viene estrusa (ridotta in fili di vario diametro), posta ad essiccare per 48 ore circa e lucidata.
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Un po’ di Storia.
La liquirizia era una pianta importante nell’antico Egitto, in Assiria e in Cina. Era già nota nell’antica medicina greca ma solo nel XV secolo è stata introdotta in Europa dai frati domenicani.
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Vari utilizzi della liquirizia.
In Asia la liquirizia è utilizzata da circa 5.000 anni ed è una delle piante più importanti. I medici cinesi la prescrivono per curare la tosse, i disturbi del fegato e le intossicazioni alimentari.
La liquirizia è utilizzata in erboristeria, in cucina per la preparazione di dolci, caramelle e tisane ed infine è utilizzata come additivo per le sigarette insieme al cacao.
Per i vari utilizzi in commercio la liquiriziala si può trovare in bastoncini essiccati da masticare (pura radice igienizzata), tagliuzzata per decotti e tisane, ridotta in polvere, in succo (estratto nero), come dolcificante e correttivo del sapore nell’industria farmaceutica, in confetti preparati con estratto di liquirizia pura, etc.
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Proprietà della liquirizia.
La tradizione popolare attribuisce alla radice di liquirizia diverse proprietà farmacologiche: digestiva, antinfiammatoria, depurativa, diuretica e protettiva della mucosa.
Il principio attivo più importante della liquirizia è la glicirrizina che le conferisce un’azione antinfiammatoria e antivirale.
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Luoghi di produzione e lavorazione.
In Italia, la Calabria e l’Abruzzo vantano una centenaria tradizione nella produzione e lavorazione della liquirizia.
L’Abruzzo lavora la pianta fin dall’epoca romana.
La liquirizia prodotta in Italia è considerata nel mondo di qualità superiore.
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Mirto
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Per produrre i nostri liquori di Mirto utilizziamo Bacche Nere Selvatiche raccolte a mano in località distanti da centri abitati e da qualsiasi ipotetica fonte di inquinamento.
Il mirto (Myrtus communis) è una pianta aromatica appartenente alla famiglia Myrtaceae e al genere Myrtus. È tipico della macchia mediterranea.
Ha portamento di arbusto o cespuglio, alto tra 0,5–3 m, molto ramificato ma rimane fitto, ha un accrescimento molto lento e longevo e può diventare plurisecolare.
È una specie spontanea delle regioni mediterranee, comune nella macchia mediterranea. In Sardegna e Corsica è un comune arbusto della macchia mediterranea bassa, cresce fino ad un’altitudine di 800 metri slm e si adatta benissimo anche a terreni degradati purché siano riparati dal vento e abbiano un Ph leggermente acido.
La fioritura, abbondante, avviene in tarda primavera e si protrae nel primo periodo estivo (Maggio/Luglio)
I frutti sono delle bacche, globoso-ovoidali di colore nero-azzurrastro, rosso-scuro o più raramente biancastre, con numerosi semi reniformi. Maturano da Novembre a Gennaio persistendo per un lungo periodo sulla pianta.
Un così ampio periodo di fioritura e di raccolta dipende dall’altitudine, dall’esposizione al sole e dal ciclo biologico delle piante. La raccolta delle bacche viene fatta a mano.
Il liquore di mirto è un prodotto che fino agli anni novanta ha interessato un mercato di nicchia a livello regionale, ma successivamente l’attività dell’industria liquoristica ha subito una notevole espansione promuovendo il prodotto nel mercato nazionale.
Tradizionalmente la raccolta nella macchia è eseguita con la brucatura o con l’impiego di strumenti agevolatori (pettini forniti di contenitori per l’intercettazione), questi ultimi in grado di aumentare leggermente la capacità di lavoro.
Per il suo contenuto in olio essenziale (mirtolo, contenente mirtenolo e geraniolo e altri principi attivi minori), tannini e resine, è un’interessante pianta dalle proprietà aromatiche e officinali. Al mirto sono attribuite proprietà balsamiche, antinfiammatorie, astringenti, leggermente antisettiche, pertanto trova impiego in campo erboristico e farmaceutico per la cura di affezioni a carico dell’apparato digerente e del sistema respiratorio. Dalla distillazione delle foglie e dei fiori si ottiene una lozione tonica per uso eudermico. La resa in olio essenziale della distillazione del mirto è alquanto bassa.
Il prodotto più importante, dal punto di vista quantitativo, è rappresentato dalle bacche, utilizzate per la preparazione del liquore di mirto propriamente detto, ottenuto per infusione alcolica delle bacche.
Nella tradizione gastronomica sarda il mirto è un importante condimento per aromatizzare alcune carni: i rametti sono tradizionalmente usati per aromatizzare il maialetto arrosto, il pollame arrosto o bollito, il manzo e soprattutto sa taccula o grivia, un semplice ma ricercato piatto a base di uccellagione bollita (tordi, merli, storni).
La popolarità di cui gode questa pianta in Sardegna è notevole al punto che questa pianta è oggetto di consuetudini consolidate. In autunno presso i mercati civici e gli ambulanti si trovano facilmente le bacche di mirto pronte per essere messe in macerazione per la preparazione casalinga del liquore. Lo stesso liquore è ormai diventato il digestivo per eccellenza, servito nei ristoranti al termine del pasto. Infine, i rametti di mirto sono frequentissimi come ornamento nei banchi delle macellerie e delle rosticcerie.
Latte
Per produrre i nostri liquori utilizziamo latte fresco intero di alta qualità proveniente dai migliori allevamenti sardi, pastorizzato e omogeneizzato con un unico trattamento termico a poche ore dalla mungitura.
Tuorli d’uova
Per produrre i nostri liquori utilizziamo esclusivamente uova di galline allevate a terra, acquistate da produttori sardi con sede di allevamento prossima alla nostra azienda, tutto ciò per garantire un prodotto quasi a chilometro zero
Marsala
Per produrre i nostri liquori utilizziamo il Marsala Fine D.O.C. invecchiato in botti di rovere
Il Marsala fine è un vino DOC, prodotto nella provincia di Trapani ad eccezione dei comuni di Pantelleria, Favignana ed Alcamo.
È uno straordinario vino da meditazione. Ottimo l’abbinamento con ogni tipo di pasticceria, in particolar modo con quella a base di mandorle e ricotta.
Vitigni con cui è consentito produrlo
Per il Marsala fine oro e Marsala fine ambrato:
Grillo e/o Catarratto di tutti i tipi e/o Ansonica (detto localmente “Inzolia”) e/o Damaschino
Per il Marsala fine rubino:
Perricone (detto localmente “Pignatello”) e/o Calabrese (detto localmente “Nero d’Avola”) e/o Nerello mascalese per almeno il 70%;
Grillo e/o Catarratto di tutti i tipi e/o Ansonica (detto localmente “Inzolia”) e/o Damaschino fino al 30%.
Tecniche produttive
Dopo la fermentazione, il vino Marsala fine, è sottoposta alla “conciatura” che avviene con modalità diverse:
per il Marsala fine oro o il Marsala fine rubino si aggiungono
- mosto d’uva tardiva che influisce sul grado zuccherino e sui profumi;
- etanolo per bloccarne la fermentazione.
per il solo Marsala fine ambra si aggiunge anche mosto concentrato (almeno l’1%) che conferisce maggiore morbidezza.
Il Marsala fine di qualsiasi tipo deve poi essere invecchiato per almeno un anno.
Zucchero
Per produrre i nostri liquori utilizziamo zucchero da barbabietola, comunemente conosciuto con il nome di zucchero bianco
Il saccarosio, comunemente chiamato zucchero, è un composto organico della famiglia dei glucidi disaccaridi, in quanto la sua molecola è costituita da due monosaccaridi, più precisamente glucosio e fruttosio.
A temperatura ambiente e pressione atmosferica si presenta sotto forma di solido (in cristalli) o disciolto in soluzione. Lo si trova largamente in natura, nella frutta e nel miele (in percentuale più bassa rispetto al fruttosio), sebbene, da sempre, esso si estragga dalle piante della barbabietola da zucchero (soprattutto in Europa) e dalla canna da zucchero (nel resto del mondo).
Il saccarosio così estratto viene utilizzato nell’ambito dell’industria alimentare, specialmente dolciaria e pasticciera: lo zucchero comunemente usato in Europa, raffinato quasi completamente, viene chiamato zucchero bianco (o zucchero da tavola o zucchero da cucina), mentre lo zucchero che contiene melassa viene chiamato zucchero bruno.
Differenze tra lo zucchero bianco e lo zucchero di canna.
Essendo i due prodotti costituiti almeno al 95% da saccarosio, il loro apporto calorico e le loro qualità nutrizionali sono identici. Nessuno dei due è meglio dell’altro.
La differenza tra lo zucchero scuro e quello bianco sta in quella quota di elementi che non sono saccarosio e che varia, a seconda dei casi, tra l’1% e il 5%. Si tratta principalmente di melassa, una sostanza composta da sali minerali, fibre e altre componenti sicuramente molto utili all’organismo, ma presenti in percentuali tanto basse da non essere significative a livello nutrizionale.
Entrambi, quindi, sono prodotti industriali e non presentano differenze nutrizionali. La convinzione che lo zucchero di canna sia più sano rispetto a quello bianco è nata, probabilmente, dall’idea che il cibo integrale sia meno raffinato e più salutare; regola valida per i cereali, ma non per lo zucchero.